Grassazione, s.f.
Il termine “grassazione” deriva dal verbo deponente latino GRASSARI che, come riporta il vocabolario della lingua latina curato da Castiglione e Mariotti, ha il duplice significato di «camminare, andar frettolosamente, avanzare» e «vagabondare».
Il termine GRASSARI si è formato come frequentativo di un altro verbo, GRADIOR, avente il medesimo significato ma con una sfumatura diversa: manca il senso iterativo del derivato, a sottolineare un’azione abitudinaria e compiuta sistematicamente.
GRADIOR ha origine nel Proto Indo Europeo *gʰredʰ-, “camminare, avanzare”, alla base di molti termini in cui insiste il significato di avanzamento verso, o attraverso qualcosa, qualcuno: aggredire, progredire, trasgredire.
Al di là del suo significato originario, già nell’epoca classica del diritto romano venne utilizzato per indicare i rapinatori che agivano lungo nelle vie pubbliche. A tal proposito il grammatico del II sec. d.C. Pompeo Festo definì il vocabolo “grassari” in questo modo:
Antiqui ponebant pro adulari. Grassari autem dicuntur latrones vias obsidentes
(“Gli antichi lo utilizzavano nel senso di adulare. Grassari si dice anche dei ladri che infestano le vie”).
Il libro 48 del Digesto (la grande compilazione realizzata dall’imperatore Giustiniano nel VI secolo d.C. raccogliendo ed ordinando in 50 libri le citazioni dei principali giuristi romani) parla espressamente di grassatori per stabilire quale fosse la pena da comminargli:
Grassatores, qui praedae causa id faciunt, proximi latronibus habentur. Et si cum ferro adgredi et spoliare instituerunt, capite puniuntur, utique si saepius atque in itineribus hoc admiserunt: ceteri in metallum dantur vel in insulas relegantur
(“I grassatori, che fanno questo per depredare, sono considerati [da un punto di vista giuridico; n.d.r.] come i rapinatori. E se hanno deciso di aggredire armati e di derubare, sono puniti con la morte, soprattutto se han commesso ciò lungo le strade; gli altri sono condannati ai lavori forzati oppure vengono relegati nelle isole”).
Benché gli elementi costitutivi della fattispecie potessero in concreto cambiare a seconda della tradizione giuridica locale, questo passo del Digesto esprime quelli che erano gli elementi principali che caratterizzavano la grassazione: un’aggressione violenta volta a depredare la vittima, con l’uso delle armi, sovente in posti isolati e lontani dalle città lungo le strade di collegamento (tanto che nell’esperienza giuridica francese questo reato veniva definito “vol sur grands chemins”, ovvero “furto sulle strade”).
Proprio per le intrinseche caratteristiche che presentava, questo crimine era tipicamente commesso dai banditi, tanto che il termine “grassatori” finì per essere comunemente utilizzato come sinonimo per individuarli.
Dal diritto giustinianeo questa fattispecie confluì dapprima nelle consolidazioni sei-settecentesche di Antico Regime, e poi in alcuni codici penali preunitari.
Ad esempio, il Codice penale del regno di Sardegna del 1839, all’art. 643, definiva la grassazione come:
“La depredazione commessa in qualsivoglia luogo con alcuna delle circostanze indicate nei numeri seguenti […]:
1.° Se è accompagnata da omicidio, ancorchè, solo tentato, o da ferite, percosse o mali trattamenti tali che costituiscano di per sè un crimine;
2.° Se è accompagnata da ferițe, percosse o mali trattamenti che costituiscano di per sè delitto, o da minaccie nella vita a mano armata;
3.° Se è stata commessa con violenze e con minaccie qualunque che non costituiscano per sè un crimine o delitto; ovvero da due o più persone ancorchè non armate, od anche da una sola persona munita di armi apparenti o nascoste;”
In ragione della plurioffensività di questa fattispecie criminosa la punizione prevista era quasi sempre la morte o i lavori forzati a vita.
Il successivo Codice penale del 1859 riprese pressoché integralmente la normativa carloalbertina sulla grassazione, che venne sostanzialmente trasposta negli articoli 596, 597, 598, 599 e 600 e, dopo l’Unità d’Italia, estesa in tutta la penisola con la sola significativa eccezione della Toscana.
Alla fine del XIX secolo tuttavia questa fattispecie era ormai considerata anacronistica dalla dottrina penalistica coeva, tanto che Francesco Carrara nel suo Programma di diritto criminale del 1867 si esprimeva in questi termini sulla grassazione:
Io trovo impossibile dare una definizione esatta in senso scientifico, e neppure in senso di pratica universale di questo preteso titolo di reato, e stimo opportuno (molto più che è voce barbara) di bandirlo affatto dalle legislazioni e dallo insegnamento, e consegnarlo alla storia ed alla filologia; bastando ai bisogni della scienza e della giustizia definire le circostanze di fatto che qualificano il furto, sieno desse il numero delle persone, o il modo della violenza o delle armi, o il luogo della pubblica via.
La “stroncatura” ricevuta dal principale esponente della scuola classica del diritto penale era il prodromo alla sua definitiva scomparsa dall’ordinamento italiano, avvenuto con la nuova codificazione penale del 1889, il cd. Codice Zanardelli, che in modo più sistematicamente corretto ricondusse questa condotta ad una forma aggravata di rapina.
Pertanto, se oggi questo termine è oramai sconosciuto dal giurista di media cultura, ancora nei primi decenni successivi all’Unità d’Italia esso generava un certo sconcerto tanto nell’opinione pubblica quanto, soprattutto, negli imputati.
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Bibliografia:
Carrara, Francesco, Programma del corso di diritto criminale, vol. IV, Esposizione dei delitti in specie, Lucca 1867, p. 300.
Castiglione, Luigi – Mariotti, Scevola, Il vocabolario della lingua latina, Torino, Loescher editore, 2007, voce Grassari.
Codice Penale per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, Stamperia Reale, 1839, art. 643, p. 192.
Codice penale per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, Stamperia Reale, 1859, artt. 596-600, pp. 179-181.
Lacché, Luigi, Latrocinium. Giustizia, scienza penale e repressione del banditismo in antico regime, Milano, Giuffré, 1988, pp. 166-167.
Pifferi, Michele, Generalia delictorum. Il Tractatus criminalis di Tiberio Deciani e la “Parte generale” di diritto penale, Milano, Giuffré, 2006, pp. 406-407.
Prenant, Patricia, La bourse ou la vie! Le brigandage et sa répression dans le pays niçois et en Provence orientale (XVIIIe-XIXe siècles), Nice, Serre, 2011.
Sexti Pompeo Festi, De Verborum significatione quæ supersunt, cum Pauli epitome, Lipsia, In Libraria Weidmanniana, 1839, p. 97.
Traverso, Matteo, La grassazione e i reati contro la proprietà nei codici sabaudi e post unitari, in «Rivista di Storia del Diritto Italiano», 2019, fasc. 1, pp. 293-327.
GRASSAZIONE, in GDLI, Utet
GRASSUS, in (par C. du Cange, 1678), dans du Cange, et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, éd. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 4, col. 103c. http://ducange.enc.sorbonne.fr/GRASSUS1
Image credits: “Una vendetta”, M. D’Azeglio, 1834–1835.