In cosa consistono gli studi di “diritto e letteratura”? Cerchiamo di dare un significato a un movimento interdisciplinare fondamentale per una completa formazione giuridica, partendo dalle sue origini e analizzandone i princìpi costitutivi.
Guglielmo (il nome è di fantasia) è il proprietario di una fabbrica di dolci molto ben avviata. Guglielmo non si occupa solo della gestione della sua azienda, ma interviene anche nel processo produttivo sin dalla fase dell’ideazione delle nuove proposte da collocare sul mercato. Ha realizzato personalmente moltissime nuove preparazioni, le cui ricette sono patrimonio riservato della sua azienda ormai da molti anni.
Le ricette segrete di queste numerose preparazioni dolciarie hanno garantito all’azienda di Guglielmo una posizione di assoluta leadership nel mercato dei dolciumi, almeno fino a quando molte aziende concorrenti hanno cominciato a vendere dolci assolutamente identici, a un prezzo più basso. Guglielmo non ha dubbi in proposito, visto che le sue ricette sono il frutto di anni di ricerca sostenuta da una politica di investimenti estremamente costosi (oltre che del suo straordinario talento culinario): qualcuno, sistematicamente, gliele ruba! Il dato economico, però, è la cosa che lo infastidisce di meno. Guglielmo, difatti, non riesce ad accettare che le sue idee siano utilizzate da altri, e che la paternità delle sue ricette sia disconosciuta; così, prende la più drastica delle decisioni: licenzia tutti i dipendenti, certo che uno di loro (e chi altri potrebbe mai essere?) è l’imperdonabile ladro di idee, e chiude l’azienda. Appena finita la procedura di licenziamento collettivo e dismessi (ma solo apparentemente, come si vedrà) gli impianti, Guglielmo assolda un ristretto gruppo di fedelissimi, e inizia nuovamente la produzione.
Adesso, sì, che le sue ricette saranno al sicuro!
Il nostro amico industriale è al centro di una vicenda che presenta molti profili di interesse giuridico; se sei un avvocato avrai già iniziato a riflettere sulle implicazioni, da un canto, delle condotte che Guglielmo subisce (qualcuno ruba i segreti della sua produzione); e, dall’altro, sui comportamenti che egli stesso assume (licenzia tutti i dipendenti per sottrarsi alle difficoltà di una ricerca dei veri colpevoli).
Se sei un bambino (oppure se per un attimo disattivi il filtro delle tue competenze professionali), però, la vicenda di Guglielmo ti appare per quello che è: la storia di La fabbrica di cioccolato (il famoso romanzo scritto da Roald Dahl) e di Willy Wonka, suo enigmatico protagonista.
Siamo generalmente abituati a pensare che il punto di incontro tra diritto e letteratura stia nella rappresentazione del processo penale; al contrario, se ci rifletti, non esiste alcun romanzo (o film) che non offra qualche spunto giuridico tale da andare oltre al fatto criminale.
Il primo giurista a rendersene conto e ad adottare un approccio giusletterario fu John H. Wigmore, preside della Law School della Northwestern University, che già all’inizio del XX secolo mise insieme letteratura e studi giuridici.
La nascita del movimento “Diritto e letteratura” (Law and Literature) nella sua dimensione moderna, però, risale alla pubblicazione nel 1973 del saggio di James Boyd White The Legal Imagination, nel quale l’autore esprime l’idea che lo studio della letteratura sia necessario per una completa formazione giuridica.
Le prospettive dottrinali del movimento sono essenzialmente due: da un canto, lo studio della letteratura come strumento utile per analizzare la dimensione umana ed etica del diritto; dall’altro, lo studio della letteratura e del diritto come fenomeni intimamente collegati perché attinenti entrambi all’uso del linguaggio.
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Prima prospettiva
La prima prospettiva è individuata ricorrendo alla formula “diritto nella letteratura”. Il diritto è dentro la letteratura proprio perché è dentro le nostre vite; basterebbe già questo per rendere interessante lo studio dei testi di narrativa in chiave giuridica.
Sotto questo profilo, l’individuazione delle questioni giuridiche che avvincono i protagonisti di un testo narrativo (o di un film) è un ottimo strumento didattico: in questo modo, il giurista in formazione può esercitarsi nella ricerca dei problemi giuridici che si nascondono nel racconto; e, al tempo stesso, se ne trova di fronte un’esemplificazione scritta in modo più accattivante di quanto possa fare anche il più affabulatore tra i suoi clienti. Non solo, la letteratura – di certo la migliore – consente al giurista di confrontarsi con i temi giuridici tradizionali (la colpa, l’identità, la soggettività. la vendetta) e, allo stesso tempo, sente il polso della società più velocemente di quanto sappiano fare i giuristi e i legislatori.
Alcune questioni particolarmente dibattute, legate all’emersione di nuovi diritti o a temi dalla forte connotazione etica, sono affrontate dai testi letterari prima e meglio di quanto riesca a fare l’ordinamento giuridico. Al di là, dunque, dell’utilità didattica, la letteratura offre anche al giurista già formato l’opportunità di consultare la bussola del proprio tempo, e di immedesimarsi in vicende esistenziali che egli stesso potrebbe essere chiamato ad affrontare quale professionista in un eventuale contenzioso.
Questa connessione del giurista pratico con il proprio tempo – come anche l’acquisizione di maggiore dimestichezza con le direttive classiche dell’ordinamento giuridico – mi pare abbia due risvolti utili per l’esercizio della professione: pone il giurista pratico nella sua naturale collocazione di propulsore del sistema giuridico (sono i giuristi pratici che fanno vivere il diritto nelle dinamiche sociali) e gli ricorda – laddove ce ne fosse bisogno – che dietro a un fascicolo e a un numero di ruolo ci sono persone.
La letteratura consente di penetrare nella mente dei personaggi senza quei filtri che interferiscono sulla comunicazione tra persone reali come disturbi di frequenza, e che rendono difficile – se non impossibile – entrare nella vita dell’altro come se fosse la propria.
Utilità didattica, capacità di esemplificazione, elemento di connessione con il proprio tempo, esercizio per sollecitare l’empatia: queste sono alcune delle risorse che, secondo gli studiosi aderenti al movimento “Law and literature”, la letteratura offre al giurista.
Si tratta, però, solo di un antipasto.
Seconda prospettiva
La seconda prospettiva è individuata con la locuzione “diritto come letteratura”. Qui il diritto è inteso come fenomeno essenzialmente linguistico e, in quanto tale, come oggetto di analisi secondo metodi tipici della critica letteraria.
Questa prospettiva, a sua volta, si dipana in due approcci: uno fondamentalmente ermeneutico, basato sull’assunto che le tecniche interpretative di un testo siano neutre rispetto al suo contenuto, e l’altro sostanzialmente comunicativo, radicato nella convinzione che il diritto sia una pratica narrativa. Entrambi questi approcci hanno una notevole ricaduta operativa perché offrono al giurista pratico tecniche e metodi, sia di lettura dei testi giuridici sia di elaborazione degli scritti giuridici, consolidati in un campo disciplinare (quello relativo agli studi di letteratura) che si occupa per definizione dell’uso delle parole.
La prospettiva del “diritto come letteratura” e quella del “diritto nella letteratura” sono, evidentemente, complementari: l’idea che il diritto sia una pratica narrativa e, per ciò stesso, costituisca un fenomeno linguistico e comunicativo trova una sponda utile di approfondimento nelle altre “pratiche narrative” (romanzi, film), che fanno da specchio ai fenomeni sociali.
Secondo una formula affascinante (cui ricorrono Robert Weisberg e Guyora Binder nel saggio Literary criticism of law), il diritto è una pratica compositiva e il discorso giuridico è un tipo di manufatto letterario.
L’istruzione del giurista, allora, non può consistere solo nell’acquisizione di competenze giuridiche ma deve estendersi allo sviluppo di ulteriori abilità che si esprimono nell’interpretare un testo; nel costruire storie; nel persuadere i destinatari del proprio discorso.
In definitiva il giurista (e in particolare l’avvocato) è, intanto, un ermeneuta e un narratore, ma, soprattutto, è un retore.
Per chi vuole approfondire:
- Gary Mida, Teorie postmoderne del diritto, Il Mulino, Bologna 2001;
- Arianna Sansone, Diritto e letteratura. Un’introduzione generale, Giuffrè, Milano 2001;
- Carla Favalli e Maria Paola Mittica (a cura di), Diritto e letteratura. Prospettive di ricerca, Aracne Editrice, Roma 2010.
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