Coprifuoco, s.m.
Il Nome Omen di oggi ci porta alla scoperta di un termine che per decenni ha subito una decisa indifferenza da parte dell’opinione pubblica, per ritornare poi in un improvviso slancio di vita sulla bocca (e tastiera) di tutti.
L’ultima volta che la stampa se ne era occupata a grandi titoli era il 26 luglio 1943, su ordinanza del neo-capo di governo, il Generale Pietro Badoglio. Dalle 22 alle 6 del mattino per ragioni di ordine pubblico l’Italia doveva fermarsi – eccezion fatta per levatrici, preti e militari. Perché le uniche due certezze nel ciclo vitale non obbediscono alle leggi degli uomini.
Avrete capito di cosa stiamo parlando. Ma ci piace farlo dire ad un ospite d’eccezione che quel periodo lo visse in prima battuta:
Me ne andavo al primo canto di grilli; il coprifuoco lassù non arrivava, ma tant’è quei sentieri mi scottavano sotto. Per le strade di Torino la notte crepitavano fucilate spavalde, i “chi va là” dei ragazzacci, dei banditi che tenevano l’ordine – anche il gioco e la beffa ormai sapevano di sangue.
Cesare Pavese lasciò pagine meravigliose sul periodo in questione e sulla Resistenza. Una meraviglia proporzionata all’orrore oggetto della trama. Il coprifuoco rientra tra le comparse della narrazione, e ci riporta il tema sempreverde della trasgressione, familiare a tutte le leggi (umane).
Ma da dove arriva questo termine?
L’origine della parola coprifuoco è rintracciabile nel latino IGNITEGIUM, composto da IGNIS, “fuoco” e il verbo TEGERE, “coprire”; una traduzione letterale di ciò che ancora oggi utilizziamo, e che sta alla base del termine in diverse lingue romanze.
Il coprifuoco doveva essere già in voga tra gli antichi romani e ai tempi delle guerre puniche, come mezzo per evitare disordini e oscure trame contro potere e governo.
Tuttavia, la tradizione vuole che l’usanza risalga al medioevo e che sia stata coniata da Guglielmo il Conquistatore: a seguito della Battaglia di Hastings, divenne il primo re di origine Normanna ad aggiudicarsi l’Inghilterra, all’epoca sotto la guida di Aroldo II.
Il Conquistatore sapeva bene che aver conquistato un territorio non ti renda, come effetto secondario, beniamino della popolazione sottomessa; per salvaguardarsi da cospirazioni popolari tramate nel buio della notte, stabilì che al rintocco della “campana del coprifuoco” alle 20, e fino all’alba, ogni fuoco domestico, torcia, candela, fossero spenti all’interno delle abitazioni.
A Guglielmo I possiamo senz’altro riconoscere di aver importato ufficialmente tra i Sassoni il termine in antico francese carre-feu o cerre-feu, evoluto poi in couvre–feu e anglicizzato anticamente in curfew.
Tuttavia, sappiamo che l’usanza di spegnere i fuochi domestici al tramonto fosse già in uso sia in diversi paesi Europei nel medioevo, Britannia compresa; eredità antica ma con una sfumatura differente.
Lo stesso Voltaire ne parla nel suo Essai sur les moeurs et l’esprit des nations, descrivendo come:
La legge, lungi dall’essere tirannica, era solo un’antica forma di sicurezza, stabilita in quasi tutte le città del nord, e che era stata a lungo conservata nei conventi. (…)
E stabilita perché:
Le case fossero tutte costruite in legno, e la paura del fuoco era uno delle preoccupazioni più importanti della sicurezza generale.
Dunque, strumento di protezione, più che di restrizione a tutela del tiranno di turno (normanno o virologico che sia), strettamente legato al rintocco di una campagna, musa poetica entrata nell’immaginario di tanti poeti e scrittori.
E in Italia?
La prima apparizione del termine in volgare risale al XIII secolo e ad una versione nostrana del Libro de’ Sette Savi, raccolta di novelle formative che insegnano i rischi che un principe corre nel respingere la matrigna e le sue avances:
Era usanza adunque in Roma che se niuno fosse preso nella terra, di notte, adpresso coprifuoco, come che fosse di gran ligniaggio e bene inparentato, ch’e’ fosse messo in prigione infino alla mattina…
Ritroviamo l’uso del coprifuoco restrittivo, sempre segnalato dal rintocco di una campana.
Campana che ai giorni nostri è caduta in disuso, pur tuttavia non lasciando il pellegrino notturno da solo et pensoso, ma in lieta compagnia della beneamata autocertificazione.
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Bibliografia
Coprifuoco, in GDLI, Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET (accessibile online).
Coprifuoco, in TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (accessibile online).
IGNITEGIUM, (par C. du Cange, 1678), dans du Cange, et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, éd. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 4, col. 292a. (accessibile online).
Curfew, in An universal etymological English dictionary, comprehending the derivations of the generality of words in the English tongue, London, Darby, 1726.
George Lyttelton Baron Lyttelton, The History of the Life of King Henry the Second: And of the Age in which He Lived, Volume 1, Dodsley, 1769.
Cesare Pavese, La Casa in Collina, Torino, Einaudi, 1948.
Il Libro dei Sette Savi, traduzione di Alessandro Ancona, Pisa, F.lli Nistri, 1864.
SETTE SAVI, Libro dei, di Francesco Gabrieli – Enciclopedia Italiana (1936) (accessibile online).
Voltaire, Essai sur les mœurs et l’esprit des nations, Tomes I et II, éditeur scientifique René Pomeau, Editions Classiques Garnier, 1990 et 2020.
Image credits: Bayeux Tapestry – Scenes 55 & 56 – Duke William lifts his helmet to be recognized on the battlefield of Hastings. Eustace II, Count of Boulogne points to him with his finger. In the bottom margin, a row of archers. Titulus: HIC EST WILLEL[MUS] DUX (Here is Duke William).
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