Comma, s.m.
Potremmo affermare che il colmo perfetto per l’ordinamento giuridico sarebbe il non essere debitamente ordinato. Tuttavia, questo non potrà mai accadere, e chi ha avuto modo di familiarizzare con le esaurientissime “Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi” lo sa bene.
Non vi è possibilità di cadere in errore: ogni articolo è costruito con la stessa minuzia con la quale si costruiscono le stanze di un edificio di particolare complessità. Un codice è composto da titoli. I titoli sono divisi in articoli. Gli articoli sono formati da commi, talvolta definiti capoversi o alinea. Ed è di queste minime unità che compongono un codice legislativo di cui vogliamo parlarvi oggi.
Nel suddetto regolamento, quando si viene a descrivere la formazione specifica e le caratteristiche del comma, si entra in un piccolo grande ginepraio di piccole, ferree norme:
a) Ogni articolo si divide soltanto in commi. Il comma termina con il punto a capo.
b) Tutti gli atti legislativi sono redatti con i commi numerati.
c) In uno stesso articolo, i commi sono contrassegnati con i numeri cardinali, seguiti dal punto.
d) Il comma unico di un articolo è contrassegnato con il numero cardinale «1».
e) Ogni comma può suddividersi in periodi, cioè in frasi sintatticamente complete che terminano con il punto, senza andare a capo. Si va a capo soltanto alla fine del comma. Le uniche eccezioni ammissibili sono: la suddivisione del comma in lettere anziché in periodi; il comma che reca una «novella». Nei riferimenti normativi l’espressione «periodo» è impiegata esclusivamente con riferimento a frasi che terminano con il punto. L’espressione «capoverso» è utilizzata esclusivamente in presenza di «novelle», secondo quanto previsto al numero 9, lettera f).
f) Quando il comma si suddivide in lettere (seguite dalla parentesi), si va a capo dopo i due punti con cui termina la parte introduttiva del comma stesso (denominata «alinea»), nonché alla fine di ogni lettera; non si va a capo all’interno di una lettera, a meno che questa, a sua volta, non si suddivida in numeri, nel qual caso si va a capo sia dopo l’alinea della lettera sia alla fine di ogni numero. Qualora si renda necessario introdurre una ulteriore ripartizione all’interno del numero, si fa ricorso alla suddivisione: 1.1, 1.2, 1.3, eccetera. Al termine di una partizione in lettere o numeri non è ammesso l’inserimento di un periodo autonomo rispetto alla lettera o al numero prima di passare al comma o alla lettera successivi.
g) Le lettere utilizzabili all’interno di un comma sono quelle dell’alfabeto italiano (non quindi le lettere j, k, w, x, y). Se le lettere dell’alfabeto non sono sufficienti ad esaurire la elencazione, si prosegue a lettere raddoppiate (aa), bb), cc)) e, se occorre, triplicate (aaa), bbb), ccc)), e così via.
h) L’impiego dei numeri cardinali seguiti dalla parentesi, per contrassegnare le suddivisioni interne ad un comma, è consentito soltanto all’interno di una suddivisione in lettere, non in alternativa a questa.
i) L’impiego di trattini o di altri segni per contraddistinguere partizioni interne di un comma diverse dai periodi, dalle lettere e dai numeri non è consentito.
Al di là della possibile ripercussione emotiva sulle lettere considerate come non italiane, è evidente come la stesura di un comma sia frutto di una maestranza delle regole da non sottovalutare. Questo nonostante l’apparente e semplice brevità. Vi siete però mai chiesti da dove arrivi questo termine?
Scavando nella sua etimologia, scopriamo che deriva dal latino COMMA, “breve frase, sentenza”, che poteva non avere senso semantico compiuto – nella retorica classica, infatti, si differenziava dal colon. Per dirla con Isidoro di Siviglia:
Comma particula est sententiae… Comma est iuncturae finitio.
Il termine latino deriva a sua volta dal greco κόμμα, “parte di un periodo, ciò che rimane tagliato”, sostantivo del verbo κόπτω, “tagliare”.
Vi ritroviamo la radice Proto Indo Europea *kop-, “dividere, tagliare”. La base è la stessa dell’inglese moderno comma, virgola, quindi un elemento che taglia in due la frase, ne crea una a sé stante, introducendo una pausa nel discorso.
La prima attestazione di questo termine nel volgare italiano ha una locazione di tutto rispetto, nel Commentario alla Divina Commedia dell’erudito napoletano Guglielmo Maramauro, risalente al XIV secolo. Nell’opera però viene utilizzato con riferimento al ruolo del comma nella retorica classica, quindi come digressione, pausa.:
In questa parte D. fa una figura chiamata «coma», la qual è tanto a dir quanto ‘disgressione’, però che non ha finito el parlar cum dicto Farinata e supervenili quest’altra ombra, la qual era lo dicto miser Cavalcante.
Troviamo invece il comma come elemento utilizzato per la scansione del periodo in un volgarizzamento della Bibbia risalente al 1471:
Ma [i profeti] hanno usato di fare quello che s’usa di fare nelli detti di Demostene e di Tullio, che per punti si scrivano e per comme; li quali scrissero per prosa, e non con versi.
Tirando le somme quindi, il comma è un artificio retorico di pausa, digressione, rispetto al resto del discorso, ma anche un elemento di cesura all’interno di una frase.
In ambito giurisprudenziale, siamo arrivati alla sistematizzazione in titoli, articoli e commi solo di recente, con relativa definizione della terminologia specifica. Come accennato all’inizio, permaneva ancora fino agli anni ’80 del ‘900 una oscillazione nell’uso di paragrafi, alinea e commi. Tra il 1986 e il 2000 è stato portato avanti un lungo percorso normativo che ha reso possibile definire le regole per la compilazione delle norme stesse.
A proposito di norme, normative e dell’importanza di regolamenti e codici, ci piace l’idea di concludere questo viaggio con le parole di Ugo Ojetti, che nel 1933 scriveva, riferendosi a Francesco Salata, all’epoca Senatore del Regno e Membro della Commissione per l’esame dei disegni di legge:
Per uno storico come lui, sempre coi documenti alla mano, le leggi e i regolamenti sono infatti una specie di poesia. Chi li scrive, crea dal niente, lavora sul futuro, ché s’immagina di foggiare gli uomini di domani a modo suo. Illusioni, spesso, perché gli uomini sgusciano tra un comma e l’altro, lesti come le volpi tra i pruni delle fratte. Ma tant’è, è un gran gusto prevedere la loro scaltrezza e destrezza, immaginarseli vivi, che si dibattono nel laccio delle parole consacrate.
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Bibliografia
Comma, in Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Milano, Sonzogno.
Comma, Coma, in Du Cange, et al., Glossarium mediæ et infimæ latinitatis., Niort: L. Favre, 1883-1887.
Comma, in TLIO, Tesoro della Lingua Italiana delle Origini.
*pek- in DIACL (https://diacl.ht.lu.se/Lexeme/Details/79209).
Comma, in GDLI, UTET (http://www.gdli.it/pdf_viewer/Scripts/pdf.js/web/viewer.asp?file=/PDF/GDLI03/GDLI_03_ocr_363.pdf&parola=comma).
Comma, in Vocabolario Online Treccani (http://www.treccani.it/vocabolario/comma/).
Ojetti, Ugo, Cose viste; con una prosa di Gabriele D’Annunzio. Vol. 2: 1928-1943, Firenze, Sansoni, 1951.
Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi, (https://www.senato.it/1057?testo_generico=29&voce_sommario=62).
Dikman, Renzo, Le Nuove Regole E Raccomandazioni Per La Formulazione Tecnica Dei Testi Legislativi, Rivista trimestrale di diritto pubblico. – 51 (2001), n. 3, p. 723-737.