Le città nella storia si sono spesso viste strappare il proprio nome da invasori e conquistatori: Russia, Francia e Italia offrono casi esemplari.
La storia ci insegna che città e nazioni si fondano su un terribile e continuo gioco politico di invasioni, conquiste e lotte per l’indipendenza. La psicologia, quando si affianca alla storia, ci rivela che gli uomini spesso per marcare e ribadire il possesso di una qualcosa, un oggetto, una moto o una casa, cerchino di cancellare le tracce del precedente proprietario. Per una casa risulta abbastanza semplice: ridipingere le pareti, cambiare il mobilio. Ma se il possesso in questione fosse una città?
Mariupol sorge sul mar d’Azov, alle foci del fiume Kal’mius, nella regione sudorientale di Priazovia in Ucraina. Questo centro, tra le dieci più grandi città ucraine, è stato fondato alla fine del 1700 con un nome di provenienza incerta: secondo una parte della storiografia, potrebbe derivare da Mariuopolis e avrebbe derivazione greca. Secondo altri deriva da Mariampol’, in onore dell’allora principessa consorte Marija Fedorovna. Ma quale che sia la derivazione del nome oggi conosciuto poco importa: ci preme raccontarvi dei nomi che le furono attribuiti in seguito.
La nostra Mariupol inizia a prosperare come centro economico già dai primi dell’Ottocento, e non solo per i commerci marittimi bensì per le attività minerarie e siderurgiche. Sì perché la città si scopre essere in una regione ricca di risorse minerarie: una piccola gemma, sì, ma incastonata in una montatura soffocante.
Trovandosi particolarmente vicina alla Russia, nel corso del Novecento venne più volte assediata dagli oppositori del grande paese euro-asiatico. Nel 1941, a Seconda Guerra Mondiale ben avviata, venne occupata dall’esercito nazista tedesco nell’ambito dell’operazione Barbarossa, finalizzata come ricorderete ad invadere l’Unione Sovietica. Quando la città fu finalmente liberata, i governanti russi non erano soddisfatti: sentivano che qualcosa nell’aria stonava. Probabilmente sentivano ancora la puzza di crauti e würstel, e per quello sarebbe bastato aspettare che il vento cambiasse direzione. Eppure, decisero che a cambiare direzione, anzi identità, dovesse essere proprio Mariupol’.
Fu così che nel 1948 fu ribattezzata Ždanov, in onore di Andrej Ždanov, secondo segretario del partito comunista. No, non era certo la prima città a cambiare carta d’identità dopo l’ascesa dei bolscevichi: San Pietroburgo divenne Leningrado; Tsarítsyn, città che ricordava la parola zar – tsar – venne mutata in Stalingrado nel 1925 in onore di Stalin; Novokuznétsk in Siberia divenne Stalinsk, Donétsk fu per un periodo Stalino e così molte altre ancora. Persino Palmiro Togliatti, storico leader italiano del PCI, battezzò con il suo nome senza saperlo la città russa di Stavropol. Correva il 28 agosto 1964, nell’era Chrushev, quando il Presidium del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica di Russia, decise di rinominare il centro in città di Togliatti, deceduto una settimana prima, sebbene il leader italiano non avesse mai avuto contatti con essa.
I cittadini di Togliatti sembravano però entusiasti del nuovo nome, tanto che votarono per conservarlo nel referendum comunale tenuto nel dicembre 1996, in cui si chiedeva il ripristino della denominazione originale. Ben l’82% dei togliattani, o togliattesi – questo non lo sappiamo – fu favorevole a conservare il nome di Togliatti.
Come lei e come tutte queste città russe ce ne furono tante altre: in Francia dopo la rivoluzione del 1789, molte città – soprattutto quelle con richiami alla nobiltà – vennero rinominate ispirandosi ai valori della rivoluzione: Versailles divenne Berceau-de-la-Liberté, Grenoble subì il gioco di parole in Grelibre, e così via.
In Italia, l’antica Girgenti, e non solo lei, dovette prendere il nome di Agrigento sotto il fascismo, per Decreto Legge n. 159 del 12 luglio 1927 che voleva spazzare la radice latina dei centri della Penisola a favore di nomi italianizzati.
Mariupol riprese invece il nome originale nel 1989. La toponomastica sembrerebbe dunque campo di particolare interesse per i dittatori, chissà, ahinoi, che presto Google Maps non debba segnalarci una quale Putinopoli…
© Riproduzione riservata
