Nomen Omen

Catasto, s.m.

By Elisabetta Gavetti

October 15, 2021

Catasto, s.m.

V’era un popolo ribelleChe pagava a malincuoreI catasti e le gabelle.

Scriveva Giuseppe Giusti nel 1833, in una esilarante poesia dedicata al modus operandi di Francesco IV e ad una singolare, ingegnosa invenzione: la ghigliottina a vapore.

Ma oggi non vi raccontiamo questa storia, bensì un’altra che, in quanto ad ingegno, nulla ha da invidiare alla sopracitata. 

Che cosa accomuna un notaio, un agente immobiliare e Kanji Watanabe, protagonista di una delle pellicole più conclamate di Kurosawa?

Elementare, Watson: il Catasto.

Croce e delizia per il popolo del diritto e i burocrati, i quali, probabilmente, alla richiesta “disegnami la tua visione del catasto”, scarabocchierebbero qualcosa di assai simile al ginepraio posto sotto la torre di Rapunzel da Dama Gothel. 

E cosa ci dice l’etimologia del termine? Forse riesce a darci qualche speranza. Probabilmente sì, ma questo nomen omen si è decisamente allontanato dagli intenti linguistici delle origini.

Catasto deriva dal κατάστιχον, “riga per riga”, composto da κατά, “sopra” e στιχον, “ordinare, porre” (che poi, è alla base anche dello stair inglese). 

Porta in sé quindi il senso dell’ordine, di un intento unitario e sistematico, per mettere a bada il caos laddove si presentasse l’esigenza di stilare registri per scopi meramente fiscali.

C’è però una storia parallela riguardo l’etimologia del termine in esame, che lo vede discendere dal latino CAPITASTRUM, il registro dei beni immobili, e tassabili, esistenti in un territorio. La linguistica qui si divide in due, e non vorrei trovarmi nella stessa stanza con due letterati a confronto su quale sia la tesi più appropriata.

Ma andiamo oltre. 

Le origini del catasto si perdono nei meandri della Mesopotamia, dove già troviamo traccia di tentativi di censire i beni privati per un fine nobilissimo: la tassazione. Questo fil rouge porterà alle stesse esigenze in Egitto, come nella Grecia antica di Solone, e presso i romani con le tabulae censuriae. Si trattava però di liste di contratti, più che di un sistema rappresentativo di tutti i beni immobili presenti sul territorio. 

Per l’Italia, leggenda vuole che il primo catasto degno di tale nome sia stato introdotto nella seconda metà del XVIII secolo, durante il dominio austriaco e per volere dell’illuminatissima Maria Teresa d’Austria. Venne poi il catasto Napoleonico, imposto dal buon Corso nel neonato Regno Italico a sostituzione di quello precedentemente citato. E con parametri rigorosamente precisi: formati di carta, segni, colori e scala delle mappe dovevano essere rispettati pedissequamente. 

Prima di questi due celebri episodi, tuttavia, già vi erano stati diversi tentativi di enumerare i beni immobili nella Penisola. I regni preunitari erano una vera e propria selva di catasti basati su diverse e disparate metodologie di censo, discendenti degni dell’età comunale, dove oltre ai beni immobili vi era necessità di censire anche quelli mobili. Con estrema riconoscenza degli odierni archivisti e storici. 

Un primissimo esempio dell’utilizzo del termine in volgare italico lo troviamo, ad esempio, in un documento senese del 1318, dove per catasto s’intende un registro pensato e ordinato delle singole contrade, più che una raccolta di variopinti mappali rappresentanti campi, rocche e ville di campagna: 

Chastiglione longo Farma era de’ figliuoli di Chonte di M. Ughulino e di Igi di M. Ughulino chol chassaro e fortezza senza altre pocisioni, stimato lire 1033 sol. 6 den. 8, al chatasto di Ghalgaria.

Carlo VI d’Asburgo introdusse un’importante riforma per lo Stato di Milano a partire dal 1718, adottando un sistema particellare diviso tra classi e squadre, classificando i beni immobili a seconda della rispettiva destinazione. Molto simile a ciò che possiamo vedere tutt’oggi. 

Bibliografia

Catasto, in TLIO: Tesoro della lingua italiana delle origini (accessibile online).Catasto, in Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET, (accessibile online).Catasto, in Dizionario di Storia del diritto medievale e moderno, ed. Simone (accessibile online