9 marzo 1913 – “Serata Futurista”
1913, Teatro dell’opera di Roma: la sera di un grande spettacolo.
Protagonisti i futuristi e, princeps principis, Filippo Tommaso Marinetti che solo tre anni prima, in concomitanza col Manifesto futurista, aveva pubblicato “Mafarka il futurista”, definita la prima vera e propria opera futurista.
Il romanzo, però, venne immediatamente sequestrato costando a Marinetti una condanna da parte del Tribunale di Milano.
Un capolavoro che aveva dato vita a “una superba figura d’Uomo ideale, esaltando l’Eroismo e la Volontà”, come sostenne Marinetti durante l’interrogatorio, che non gli evitò di essere giudicato dalla corte reo di oltraggio al pudore.
Mafarka d’altronde rispecchia proprio “l’uomo che tiene il volante” che il poeta esalta nel suo Manifesto. In un’Africa immaginaria, tra guerre, stupri, violenze e figli partoriti con un solo bacio, Marinetti canta le epiche avventure del re di Tell-el-Kibir. Alla ricerca dell’esaltazione del movimento aggressivo, del pugno e dello schiaffo.
Quando l’8 ottobre 1910 iniziò il processo, in difesa di Mafarka e della libertà letteraria intervenne anche Luigi Capuana che la definì l’opera della conquista della libertà interiore, “forse sovrabbondante, ma morale”. Un percorso di purificazione, insomma.
Il processo di primo grado si concluse con l’assoluzione, l’appello con una condanna confermata poi dalla Cassazione, che valse però al suo autore solo una temporanea sospensione dal servizio militare durante la prima guerra mondiale.
Dieci anni dopo “Mafarka il futurista” divenuto “Romanzo processato”, uscì ancora, ma di tutte le scene più scabrose che erano state incriminate non c’era traccia.
Nonostante questo, Marinetti aveva vinto e l’impressione che ne rimase fu quella espressa dalla folla plaudente che lo accompagnò all’uscita del Tribunale di Milano, gridando a squarciagola: “Viva Marinetti! Viva il Futurismo!”