Severa punizione per gli scippatori che osino strappare orecchini alle signore provocando loro fastidiose lesioni: per la Corte di Cassazione di Roma si tratta di un reato penale. Ma sono i soli coinvolti?
Immaginate di essere un’elegante signora d’altritempi che passeggia, serena e distinta, tra le vie della città godendosi l’atmosfera eccitante della mondanità. Ma ecco che, d’improvviso, a far balzare il vostro cuore non è il fascino urbano bensì due mani ruvide e fredde che vi afferrano le orecchie e… zac!
Un dolore atroce ai lobi. Portate le dita alle malcapitate orecchie per massaggiare e tastare l’entità del danno ma al posto dei preziosi brillanti che stavate sfoggiando con grazia, vi ritrovate con goccioline di sangue che minacciano di macchiare irreparabilmente il vostro colletto bianco ben stirato.
Parliamo della triste ma non isolata vicenda della signora Vietta Elvira, aggredita durante una passeggiata nella sua Torino il 27 giugno 1921, in pieno giorno, verso le 11 e mezzo, corso Vinzaglio. L’autore del violento colpo fu tale Masieri, che poco dopo fu arrestato, rinunciando ai preziosi orecchini da 10.000 lire. La signora fu felice di rinvenire i suoi gioielli, ma dovette aspettare 8 giorni perché i lobi si risanassero dallo strappo.
Mentre l’opinione pubblica s’indignava del fatto, al processo i giudici s’interrogavano sul corretto articolo da invocare nella presente situazione.
La Corte applicò a tale fatto il primo capoverso dell’art, 406 cod. pen., che contempla il caso di chi,
nell’atto di impossessarsi della cosa mobile altrui… usa contro la persona derubata violenza, per commettere il fatto.
Il secondo capoverso contempla invece il caso di chi usa
violenza, diretta unicamente a strappare la cosa di mano o di dosso alla persona.
Applicare in casi concreti tali ipotesi delittuose, osservava la Corte, è cosa ardua perché
sottile, quanto può essere un fil di seta, n’è la differenza
La scelta del primo capoverso è chiara: l’avventore era ben conscio del danno fisico arrecato alla persona derubata, e dunque non poteva trattarsi solo di furto.
La sentenza offre poi un interessante scorcio storico sull’elaborazione dell’art. 496 cod. pen 1889. Il secondo capoverso riprende l’antico codice toscano, il quale riconosceva la possibilità che il ladro assalisse la vittima al solo scopo di rubarle qualcosa, senza la volontà di nuocerle, e questo si trovava nell’art. 392. Questo articolo sarebbe stato pensato per punire una particolare categoria di malfattori, ossia i ladri manticularti, cioè coloro che di dietro strappavano il mantello al passeggiero, e di cui si occupava di proposito una antica prammatica del regno napoletano.
Infine, il codice toscano puniva il furto violento con la condanna più severa: quella a morte.

© Riproduzione Riservata