Dal lontano 1906 ci giunge una storia che insegna quanto possa essere pericoloso incitare per scommessa gli amici a bere (o come più opportunamente dice la Corte di Cassazione a tracannare), nel più breve tempo possibile una ingente quantità di vino (nel caso di specie poderoso vino pugliese).
Sembra di vederli ancora lì, al tavolo dell’osteria romana, gli imputati Luigi Giustizieri e Settimio Fioramonti, aizzare il povero beone Stefanini a ingurgitare a più non posso uno dopo l’altro i bicchieri prontamente rabboccati, con l’orologio alla mano, mentre battono i pugni sul tavolo per scandire i secondi e i decilitri al ritmo di “Bevi! Bevi!”, solleticando così la morbosa vanità di ubriacone a conseguire un assurdo primato.
Tre litri in nove minuti.
Accade però che il povero Stefanini si sente male, torna a casa e muore nel suo letto, e a quel punto il Fioramenti e lo Stefanini affrontano un processo per omicidio colposo, concluso con la condanna in via definitiva con la sentenza della Corte Cassazione (di Roma) qui di seguito riportata.
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“Vanno ritenuti responsabili di omicidio colposo coloro i quali, solleticando la vanità d’un beone, lo inducono ad accettare e mantenere la scommessa di bere in pochi minuti una forte quantità di vino, con conseguenza letale – art. 371 c.p.”
Corte di Cassazione, 20 marzo 1906
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