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5 marzo 1922 – Nasce Pier Paolo Pasolini

Non nacque a Roma Pier Paolo Pasolini, ma Roma fu la sua città.

Eclettico anche nelle lingue, molti dei suoi lavori li scrisse in dialetto, come segno di ribellione alla Chiesa e di vicinanza alle masse. Pasolini fu un po’ un proletario da lontano, un po’ un populista decadente. Legato alla Roma del secondo dopoguerra ne denunciò la miseria in “Ragazzi di vita” del 1955.

Fu proprio questa la prima delle svariate volte in cui la rigida e burocratica legge dell’Italia da poco costituzionale arrestò l’indomabile percorso creativo del Pasolini.

Il Servizio spettacolo informazione e proprietà intellettuale dopo soli tre mesi dall’uscita, segnalò l’opera alla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano per contenuto osceno e pornografico. Un’opera dal “gusto morboso”, definita sporca, abbietta, scomposta, torbida.

Nel gennaio del 1956, con la triste ironia che solo quell’evento poteva avere, la prima udienza rinviò il processo perché i giudici non avevano letto il libro.

La seconda udienza pure slittò, questa volta per impedimento del suo avvocato.

Ma grazie a testimonianze come quella di Carlo Bo e Giuseppe Ungaretti e a un clima di “serena elevatezza”, la sentenza, pronunciata nel luglio dello stesso anno, fu di assoluzione piena perché il fatto non costituiva reato e ciò perché nonostante le parole “volgari” e le locuzioni “scabrose”, “l’autore non s’indugia con malizia, od anche solo con compiacimento, a descrivere situazioni obiettivamente oscene“.

Pasolini, dal canto suo, si sentiva “diverso”. Non gli restava che attendere il decorso di un potere di cui denunciava la corruzione e nel suo caso la pedissequa repressione della libera espressione.

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