Allo spareggio Italia-Svezia io ero allo Stadio, a San Siro, a vedere la partita, da solo, come in tutte le tragedie che si rispettino. Molto emozionato e carico come una molla per fare il tifo e gridare a più non posso contro gli avversari/nemici.
Alla fine della partita, ero rientrato a casa a piedi sconsolato, tanto dispiaciuto che non riuscivo nemmeno ad arrabbiarmi: l’Italia non sarebbe andata ai Mondiali in Russia, ma ci rendiamo conto? E quindi mi ero detto, giurato e spergiurato che col calcio basta, che non avrei seguito più nulla, perché ormai più niente aveva senso. Appena due giorni prima mi ero sorbito un altro mesto e scialbo 0-0 casalingo (Avellino-Virtus Entella), e davvero lo scoramento sembrava più forte di qualsiasi passione. Mi sembrava peraltro la degna conclusione di venti e più anni di gloriosa passione iniziata proprio con una maglia azzurra, un codino, il caldo asfissiante degli Stati Uniti e un rigore tirato alle stelle, giusto per chiarire che il calcio è prima di tutto sconfitta.
Ma poi la passione è ritornata più malata di prima in pochi giorni e da novembre a giugno è stato tutto un tifare e tirare piedi a destra e sinistra, la Nazionale e i Mondiali erano cosa dimenticata, e poi chi se ne frega, tanto eravamo scarsissimi.
Solo che poi il campionato è finito, tutti i campionati sono finiti, pure la Serie C e i suoi interminabili play-off, e sono rimasto solo io, con il calciomercato che va a rilento, e i Mondiali di Russia che alla fine sono arrivati, beffardi come la vecchiaia, pronti a sbattermi in faccia Panama, Costa Rica, Iran, ma l’Italia no.
E così il dispiacere si è riaffacciato con gli interessi.
Per ora sono riuscito a tenere fede al proposito di non seguire nemmeno una partita, guardo il risultato (giusto per buttare un “occhio“) ma niente di più.
Vero, anche ai mondiali di 4 anni fa e quelli di 4 anni prima ancora l’Italia era stata miserabile, ma almeno c’eravamo, almeno semplicemente potevamo prendercela con qualcuno, sperare in qualcosa, essere distratti dai problemi di tutti i giorni. Invece ora siamo costretti a pensare persino alla “politica”.
Ah, come è cambiato il calcio, come è cambiata la vita.. Ormai è già a poco più di 30 anni che si insinua la nostalgia. Facciamo forse fatica a vivere il presente, perché vediamo fosco il futuro.
Io allora mi rifugio nel passato.
E il mio passato è la a metà anni degli ’90, le partite alla radio, tutte insieme, l’Avellino sprofondato in C contro l’Atletico Catania, il Nola, il Gualdo, l’Ischia e il Siracusa (ma chi se ne fregava, io ero felice lo stesso, e ogni partita era una festa), il Foggia di Zeman, 90° minuto, il fantacalcio digitando i codici dei giocatori a telefono con la Gazzetta, il pendolino di Mosca, Ronaldo quello vero, le bustine delle figurine Panini, e la schedina del Totocalcio!!!
Ogni colonna 200 lire, e almeno due colonne. Il giorno che scoprii il Totocalcio ero certo di aver trovato il modo di campare onestamente, facendo leva sulle mie innate competenze calcistiche. Ora mi viene da sorridere se penso che minorenne, ma tanto minorenne, giocavo la schedina al bar, o all’edicola con gli amici, come se niente fosse. Comunque i primi tempi mi scervellavo, cercando di leggere il futuro negli astri e in qualsiasi segno mi si parasse innanzi. La modalità vincente era starmene un intero pomeriggio affacciato, anzi nascosto, dietro la finestra e contare le auto che passavano. E quindi mi dicevo: “Se passa una macchina rossa tra le prossime quattro macchine che passano, allora è X” (non sprecatevi in commenti, lo so.). Vabbè, comunque, per farla breve non ho mai vinto niente, e a un certo punto ho iniziato pure a mettere i segni a casaccio, tanto erano ugualissime le probabilità di vincere i fantastici e miliardari montepremi.
Con la liberalizzazione , siamo diventati tutti scommettitori ed esperti di Serie B belga, ma al Totocalcio nessuno gioca più, e anzi ho dovuto anche controllare per verificare che esista ancora. Esiste, ma ora ci sono 14 partite (non c’è più nemmeno il mitico 13!), e il montepremi è ridicolo. Nella prossima schedina ci sono solo partite dei Mondiali, doppia tristezza.
Abbiamo perso persino il piacere della sconfitta, quel gesto liberatorio in Curva di strappare la schedina del Totocalcio alla fine della partita.
Eppure il Totocalcio ha avuto una storia gloriosa. La prima schedina è del 5 maggio 1946, e oltre a Inter, Juve, Torino, Napoli e Roma, comparivano anche il Vigevano, il Legnano, la Sampierdarenese e la Sestrese. Per i primi anni a concorso c’erano 12 partite. Una colonna costava 30 lire e la prima vincita fu quasi di mezzo milione!
E se avete avuto la pazienza di leggere fin qui (l’ho presa troppo alla larga, lo so, ma è estate..) è giunta l’ora della Massima dal Passato, che questa volta è legata proprio a una delle prime edizioni del totocalcio.
Si tratta di una sentenza della Corte d’Appello di Venezia del 1949, che aveva dovuto sbrogliare un caso abbastanza antipatico, il ricorso del dott. Buono che non aveva vinto al Totocalcio per colpa di una sola partita (sempre una!). La partita incriminata era Lazio-Inter, giocata il 19 ottobre 1947, finita 1-0 per la Lazio con un gol (anzi come dice la sentenza.. una porta) assai contestato dai neroazzurri, perché la palla aveva bucato la rete e non si era capito se e da dove fosse entrata. Il tiro era stato di Remondini che direttamente da calcio di punizione aveva bucato Franzosi. Ma il problema di quella partita non fu tanto quello strano caso di gol-nongol d’altri tempi, ma che l’arbitro aveva emesso il triplice fischio all’87 minuto, con ben tre minuti di anticipo sui novanta regolamentari.
Un bel dilemma a quel punto. La partita era valida o no?
La sentenza, che spiega nel dettaglio le regole del Totocalcio, le regole del giuoco del calcio e i poteri/doveri dell’arbitro, arriva a dire che il giudice ordinario aveva il potere di annullare una gara sportiva, anche se il suo svolgimento fosse stato considerato regolare dalle autorità sportive. E questo perché “Un conflitto fra decisioni dell’autorità giudiziaria e pronuncie dell’autorità sportiva è inconcepibile, perché mentre quella tutela diritti soggettivi, questa tutela interessi sportivi. Opera l’una nel mondo giuridico, l’altra nel mondo sportivo: se l’una ritiene che una gara si è svolta regolarmente e l’altra lo nega, le diverse finalità, cui le due funzioni tendono, escludono ogni possibilità di contrasto“.
Anche se poi, per come andarono le cose, il dott. Buono rimase comunque con un pugno di mosche in mano, proprio come me di ritorno da Italia-Svezia e dopo tutte le schedine giocate.
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