Quando il 3 settembre 1919, alle ore 15.00, il rappresentante di The Coca-Cola Company (Atlanta, Georgia, S.U. d’America) si presentò in Prefettura in Corso Monforte a Milano per depositare la domanda di registrazione del marchio Coca-Cola, la bevanda contava già più di 33 anni di storia, e l’azienda era già quotata in borsa.
La Coca-Cola infatti ha una data di nascita precisa, come tutte le persone che contano: l’8 maggio 1886. Il papà era il farmacista John Stith Pemberton, che era convinto di avere inventato un ottimo rimedio per il mal di testa. Ma la storia è fatta di conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali, e così il farmacista si rese conto che la nuova medicina aveva persino un buon sapore (delizioso e rinfrescante, come avrebbe detto la reclame). Quando Pemberton portò in prova alla grande farmacia Jacobs’ di Atlanta il suo trovato, questo fu giudicato “ottimo”, e messo in vendita come bevanda d’asporto a cinque cents al bicchiere.
Quando ho iniziato a informarmi sulla storia della Coca-Cola per scrivere questo post, ho subito pensato “pensa te se il farmacista avesse dato alla sua invenzione il suo nome, come si faceva all’epoca, chissà come sarebbe il mondo oggi?“, e mi sono immaginato bambino a fare i capricci perché volevo anche io la mia bottiglietta di Pemberton, e ho pensato al volto paffuto, rubicondo e rassicurante di Babbo Natale che sorrideva sotto la scritta Pemberton, e così via.
Beh non ci ero andato troppo lontano. Mi è infatti bastato leggere un rigo più sotto per scoprire che il primo nome era stato proprio “Pemberton’s French Wine Coca” (ancora peggio di quello che temevo!).
E infatti pare che la Coca Cola fosse inizialmente nata proprio sulla base della ricetta di una bevanda francese già molto in voga all’epoca, il Vin Mariani: foglie di coca del Perù lasciate macerare per ore nel vino Bordeaux e poi nel Cognac (si dice che Leone XIII ne fosse ghiotto).
Comunque, fortuna e Dio vollero che il nostro farmacista aveva un socio esperto di contabilità che propose un nome alternativo: Coca-Cola, ritenendo (e vagli a dire di no!) che “le due C sarebbero state bene insieme in pubblicità“. Non che il nome fosse un granché di inventivo, trattandosi della combinazione dei due ingredienti principali della versione originale del prodotto: foglie di coca e noci di cola (una pianta molto diffusa in Africa occidentale).
Ho spulciato il fascicolo del registro marchi statunitense e ho trovato una dichiarazione secondo la quale la dicitura Coca-Cola nella forma grafica ancora oggi conosciuta, nel celebre carattere Specerian Script, sarebbe nata il 28 giugno 1887. Il primo deposito di marchio negli Stati Uniti risale invece a qualche anno più tardi (1892). La descrizione del marchio è incantevole (perdonate l’inglese):
The said trade-mark of said company consists of the word or words “Coca Cola”. These words have been generally written as a compound word, and in the particular form represented in the accompanying fac-simile, that is to say, with the lower portion of the “C” beginning the word “Coca” extended under the entire word, in the form of a dash, and the top of the “C” beginning the word “Cola” extended over the letters following in the form of a dash. Upon the dash of the first “C” said corporation generally has the word “Trade-Mark”. While said corporation prefers to form the initial “C’s” as just described, and also to form the word as a compound word, yet the word may be altogether as one word or separately as two words, and the dashes omitted, without materially altering the character of the said trade-mark, the essential feature of which is the word “Coca-Cola”
Anche se non fu un successo immediato (nel primo anno se ne vendettero appena 2.000 bicchieri), man mano che si diffondeva negli Stati Uniti, la Coca-Cola iniziava a vantare sempre più tentativi di imitazione da parte di concorrenti che a loro volta proponevano bevande fatte di coca o di cola, o di entrambe, contraddistinte da nomi molto simili a quello della Coca-Cola.
E così vi fu un fiorire di Rye-Ola, Celery-Cola, Taka-Cola, Koca Nola (la storia della Koka Nola è bellissima, cercatela..), Coca-Co, Toka-Cola, che spesso utilizzavano anche forme grafiche molto simili a quelle del già più celebre concorrente. Così per rendere maggiormente distintivo il proprio prodotto, la società di Atlanta creò nel 1915 la forma della celebre bottiglia di vetro (ok, ma questa è tutta un’altra storia).
Ma torniamo in Italia. Come detto all’inizio, il primo marchio italiano è del 1919, ma il primo stabilimento per l’imbottigliamento fu impiantato a metà degli anni ’20. Babbo Natale era testimonial della Coca-Cola già negli anni ’30, ma il successo vero e proprio ci fu a partire dall’arrivo degli Alleati nel 1943. Pare che gli Americani costruissero stabilimenti di imbottigliamento di Coca-Cola nei pressi dei fronti di guerra per approvvigionare le truppe costantemente.
Anche in Italia non mancarono gli imitatori, o presunti tali. La società di Atlanta si incaponì particolarmente contro la Società Anonima Stabilimento Aranciata Bognaco Bibite Affini (per gli amici S.a.b.b.a.), che produceva la “Coca Punc” , una bevanda analcolica invernale.
La sentenza sotto riportata è probabilmente la prima sentenza della Cassazione sul marchio Coca-Cola, ed è datata 1947. Il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano avevano rigettato la domanda di contraffazione proposta dalla società americana ritenendo che il segno “Coca” fosse non proteggibile in sè, perchè generico, essendo utilizzato per numerosi altri prodotti (tutti elencati nella sentenza sotto).
La Cassazione fu di diverso avviso, per i motivi che leggerete sotto (ci sono anche le riproduzioni dei marchi a confronto che ho reperito nei meandri dell’internet tra i documenti dell’archivio generale di stato: imperdibili).
Una breve chiosa: se la Coca-Cola è riuscita a proteggere negli anni l’uso per bibite del segno “Coca”, non altrettanto è riuscita a fare (o non le interessava?) con “Cola”, oggi ormai segno generico da chiunque utilizzato per descrivere una bevanda frizzantina, di colore scuro, spumosa, buonissima, deliziosa, imperdibile, etc. etc. etc.
p.s. Nella redazione di questo articolo ne ho consumate ben 4, e non sono nemmeno pagato per la pubblicità!
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