27 novembre 1095: al discorso di chiusura del concilio di Clermont, papa Urbano II sollecita la folla, e in particolare i cavalieri riunitisi in quella località, ad accorrere in aiuto dell’imperatore di bizantino Alessio Comneno contro la minaccia dei turchi selgiuchidi (che recentemente avevano sottratto proprio all’impero d’Oriente parte dell’Anatolia).
In realtà più che l’invito a una spedizione militare si trattò di una sorta di invito al pellegrinaggio nei luoghi della vita di Cristo, che recentemente erano caduti in mano agli infedeli. Il disguido nasce probabilmente dal fatto che il discorso ci è pervenuto in forma postuma, ovvero solo dopo la conquista di Gerusalemme, avvenuta il 15 luglio 1099. È quindi probabile che essendoci giunto attraverso le cronache di vari anni dopo, il discorso del papa abbia assunto toni diversi in considerazione degli eventi che ne erano scaturiti. Proprio la pratica del pellegrinaggio ebbe larghissima diffusione tra i secoli IX e X, le cui mete dominanti erano quelle della tradizione, Roma e Gerusalemme appunto.
Comunque, al di là delle motivazioni religiose bisogna tenere ben presente che l’Europa di fine XI secolo stava vivendo un periodo di cambiamento: la popolazione era in forte aumento, così come l’agricoltura che stava assorbendo sempre più terre e superfici; da non sottovalutare anche l’aspetto legato ai commerci che, sia via terra sia via mare, stavano raggiungendo mercati sempre più lontani. In un tale contesto non fu difficile per i diversi ceti sociali trovare disponibilità psicologica e materiale ad intraprendere un altro percorso di vita. Al tutto si aggiungono i figli cadetti delle famiglie nobili, in numero sempre maggiore ed esclusi dalla linea di successione, che volentieri ricercavano nella conquista di nuovi territori il soddisfacimento delle loro ambizioni.
Furono quindi il desiderio di avventura e la fame di ricchezze materiali che spinsero la vasta schiera dei milites europei ad accogliere con favore l’invito a partire per mete lontane. Da ultime vanno sommate all’equazione anche motivazioni esterne, come i continui appelli dell’imperatore di Bisanzio ai cristiani d’Occidente per convincerli a prendere le armi contro i turchi selgiuchidi; così come la situazione di allarme creatasi in seguito alla caduta di Gerusalemme, con vessazioni inflitte ai pellegrini per mano turca (in termini di libertà di culto e gravami fiscali come i vari pedaggi per accedere ai luoghi di pellegrinaggio).
In ogni caso l’appello lanciato dal papa trovò immediato consenso, prima tra le componenti più umili e marginali della società, che già dalla primavera dell’anno successivo si lanciarono nell’ingloriosa impresa passata alla storia come la “crociata dei pezzenti”, con tanto di tragico epilogo. Poi con una vera e propria mobilitazione di alcuni tra i più importanti personaggi di quegli anni sulla scena europea: Ugo di Vermandois, fratello del re di Francia; Goffredo di Buglione, duca della bassa Lorena; Roberto duca di Normandia; il conte di Tolosa Raimondo di Saint-Gilles; Boemondo e Tancredi d’Altavilla; tutti sotto la guida del legato pontificio Ademaro di Monteil. Da notare la latitanza sia del re di Francia e che dell’imperatore del sacro Romano Impero a causa delle rispettive recenti scomuniche. Questa mobilitazione sarà la prima crociata ufficiale, che nel giro di tre anni porterà alla conquista della Terrasanta e della sua successiva divisione in regni latini da parte dei protagonisti in questione.
Sicuramente le crociate sono tra gli avvenimenti più iconici della storia medievale europea, tanto che verranno rielaborate a più riprese dalla letteratura e, in epoca contemporanea, dal cinema.