Il 24 luglio del 1929 entrò in vigore il Patto di Parigi, anche detto Briand Kellogg dai nomi del Ministro degli Esteri francese e del Segretario di Stato americano. Fu sicuramente il più audace tra i tentativi di conservazione della pace all’indomani del primo conflitto mondiale.
L’idea era partita proprio da Briand, che in un messaggio inviato agli Stati Uniti in occasione del decimo anniversario della loro entrata nella Prima Guerra Mondiale, il 6 aprile 1927, li invitava a sottoscrivere un patto bilaterale di rinuncia alla guerra. Il Patto veniva effettivamente firmato un anno dopo, su iniziativa del governo americano, che aveva però esteso la proposta anche a Gran Bretagna, Italia, Germania e Giappone, e in seguito anche alle potenze minori. I Paesi firmatari, il 27 agosto 1928, erano 15.
Il Patto Briand Kellog si prefissava un obiettivo tanto nobile quanto purtroppo utopistico o, più ottimisticamente, quanto meno prematuro: la rinuncia alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. La guerra, che fino ad allora era stata una prerogativa imprescindibile del principio di sovranità degli Stati, veniva dichiarata al di fuori dell’ordinamento giuridico, illegale.
Ça va sans dire che fu un tentativo fallimentare. Solo 10 anni dopo, le questioni irrisolte della Prima Guerra Mondiale sarebbero conflagrate in una seconda, ancora più distruttiva. Il patto recava in sé la ragione del suo fallimento, poiché non prevedeva nessuna sanzione in caso di violazione e, soprattutto, faceva salvo il ricorso alla guerra per legittima difesa e nei confronti degli Stati non firmatari. Inoltre, non si esprimeva sulla liceità dell’impiego di altri mezzi di violenza militare diversi dalla guerra, quali la rappresaglia e l’intervento armati.
Il 1939 sancì definitivamente il fallimento dell’accordo, che all’epoca contava ben 63 aderenti. I principi del Patto di Parigi furono poi ripresi nel dopoguerra all’interno dell’Accordo di Londra del 1945, istitutivo del Tribunale di Norimberga. La guerra di aggressione veniva qualificata come un crimine internazionale ed era prevista la responsabilità penale per coloro che l’avevano decisa e attuata.