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23 Dicembre 1876 – Nasce Arturo Rocco

By Redazione

December 23, 2021

Lavita

Arturo Rocco nacque a Napoli il 23 dicembre 1876. Compiuti gli studi giuridici nell’Università di Roma, e quindi nominato (nel 1900) professore di diritto e procedura penale, insegnò a Urbino (1900-02), Ferrara (1902-07), Cagliari (1907-09), Sassari (1909-11), Siena (1911-16), Napoli (1916-24), Milano (1924-29) e Roma (1929-42), dove ebbe a succedere nella cattedra di Enrico Ferri.

Rocco venne a condensare il frutto delle sue meditazioni scientifiche nell’imponente monografia, edita nel 1913, su L’oggetto del reato e della tutela giuridica penale, alla quale merita di essere affiancato il saggio del 1910 su Il problema e il metodo nella scienza del diritto penale.

Se le opinioni espresse in quegli scritti devono senza dubbio considerarsi la più fedele espressione del suo credo scientifico, non si può tuttavia dimenticare come, a seguito della sua adesione al fascismo, egli venne in parte a declinarle in un’ottica più accentuatamente repressiva, contribuendo alla redazione di un nuovo codice penale, destinato a sostituire quello ‘liberale’ del 1889: codice penale, tuttora noto, sia pure grazie al ruolo che in esso ebbe (in qualità di ministro guardasigilli) il fratello Alfredo, come codice Rocco.

Di notevole importanza, nel contesto delle attività legate all’insegnamento, fu la partecipazione di Rocco alla messa in opera della nuova Scuola di perfezionamento in diritto penale, annessa alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma: scuola che, istituita con r.d. 1° ottobre 1931 nr. 1329, venne da lui stesso inaugurata con un discorso denso di riflessioni sui compiti di una didattica rivolta alla formazione postuniversitaria.

Si ricorda, infine, il suo contributo alla fondazione di due importanti periodici – la «Rivista italiana di diritto penale» e gli «Annali di diritto e procedura penale» – tuttora meritevoli di consultazione per il valore degli scritti in essi pubblicati, e per la varietà delle tematiche che vi si trovano analizzate.

Rocco morì a Roma il 2 aprile 1942.

L’indirizzo tecnico-giuridico

Rocco assunse un ruolo primario nell’affermazione e nel consolidamento del cosiddetto indirizzo ‘tecnico-giuridico’ in materia penale. Siffatto indirizzo mirava a depurare lo studio di tale ramo del diritto dalle incertezze sul piano metodologico dovute, a parere di Rocco, all’influenza esplicata dalle due maggiori correnti di pensiero (cui pure egli stesso ebbe a ispirarsi, sotto svariati profili, in sede di elaborazione del codice del 1930) che avevano in precedenza contrassegnato l’evoluzione del diritto penale.

La prima, nota come scuola classica  – e che aveva trovato in Giovanni Carmignani e Francesco Carrara i suoi più autorevoli rappresentanti – si era proposta di individuare su basi ‘giusrazionalistiche’ il fondamento e i limiti dell’intervento penale.

La seconda, nota come scuola positiva – già iniziata da Cesare Lombroso, e successivamente portata al suo massimo splendore da Enrico Ferri in Italia – si era sviluppata in antitesi alla scuola classica, avendo spostato l’attenzione dal reato al delinquente, e sostituito ai principi di ragione lo studio naturalistico delle cause del reato, onde reperire la genesi antropologica o psicosociale dell’impulso a delinquere.

Entrambi gli orientamenti vennero contestati da Rocco, sul presupposto del carattere astratto e ‘metafisico’ del primo e della mancanza di basi giuridicamente rigorose del secondo. Di qui la necessità di impostare lo studio del diritto penale sull’analisi sistematica delle norme e degli istituti disciplinati nell’ordinamento vigente, al fine di poterne dedurre, attraverso un metodo giuridico-positivo, altrettanti ‘dogmi’ o principi normativi autonomamente delineati.

La visione adottata da Rocco non implicava, tuttavia, una radicale separazione dell’oggetto delle proprie ricerche dal contesto complessivo delle discipline extrapenali.

In primo luogo, i settori giuridici diversi da quello penale avrebbero dovuto, secondo Rocco, essere sempre tenuti in attenta considerazione, sia per gli apporti da essi forniti alla costruzione di una teoria generale del diritto rilevante anche in ambito penale, sia, più in particolare, per la loro idoneità a offrire elementi di valutazione (si pensi, per es., alle nozioni di proprietà, possesso, obblighi all’interno della famiglia ecc.) utili per definire la stessa portata delle norme incriminatrici.

Tuttavia, una parte cospicua dei penalisti attuali rimprovera a Rocco di aver deliberatamente escluso qualsiasi influenza delle discipline extragiuridiche, rifugiandosi in un formalismo concettuale consono al clima giuspositivistico che egli stesso contribuiva ad alimentare attraverso il proprio appoggio allo statualismo imperante.

Sennonché, deve ricordarsi come Rocco riconobbe l’importanza di tali discipline nella fase, ritenuta anch’essa ineludibile, della valutazione critica delle norme esistenti. E, d’altro canto, già in sede di analisi delle norme in vigore, lo stesso Rocco contesta il fatto che una mera esegesi delle formule legislative possa esaurire il compito del penalista: e lo contesta, tra l’altro, proprio assumendo la necessità che la costruzione dogmatica possa poggiare sulla conoscenza dello scopo e della funzione sociale delle previsioni e degli istituti del diritto penale, a sua volta inevitabilmente condizionata dagli stessi studi sperimentali sul fenomeno criminale.