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20 Maggio 1970 – Lo Statuto dei Lavoratori

La legge n. 300 del 20 maggio 1970, nota anche come Statuto dei Lavoratori, è entrata in vigore cinquant’anni fa con l’obiettivo di compendiare i diritti fondamentali dei lavoratori sulla scorta dei principi consacrati nella Costituzione. Lo Statuto contiene le «norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento» ed è il simbolo dei mutamenti che le relazioni industriali hanno affrontato in un contesto storico particolarmente acceso come quello italiano degli anni ‘70.

Giugni ci ha ricordato che questo testo, di “ispirazione conflittuale” è “frutto di una felice congiunzione tra la cultura giuridica e il movimento di massa”, avendo contribuito

“a creare un clima di rispetto della dignità e della libertà umana nei luoghi di lavoro, riconducendo l’esercizio del potere direttivo e disciplinare dell’imprenditore nel loro giusto alveo e cioè in una stretta finalizzazione allo svolgimento delle attività produttive”.

La ratio di questa legge è garantire tutela e protezione alla parte più debole di un rapporto contrattuale asimmetrico, dove il lavoratore rappresenta la parte debole, al fine di salvaguardare gli equilibri sociali e di bilanciarli con le finalità produttive proprie di ogni organizzazione imprenditoriale.

Lo Statuto accoglie le risultanze progettuali emerse durante il terzo Congresso che la CGIL aveva indetto nel 1952 a Napoli,  quando emerse l’aspirazione a presentare una proposta di legge che consentisse alla Costituzione di varcare i cancelli delle fabbriche.

Giuseppe Di Vittorio, già fondatore e segretario generale della CGIL, rappresentò l’esigenza di costruire uno statuto dei lavoratori, richiamando “i lavoratori italiani di tutte le professioni a lottare per la più energica difesa dei propri diritti costituzionali che debbono essere riconosciuti ai lavoratori anche nell’ambito delle aziende e degli uffici. Il Congresso decide pertanto di proporre alle altre organizzazioni sindacali un progetto di Statuto dei diritti dei lavoratori nelle aziende, al fine di svolgere l’azione comune e necessaria per ottenerne l’applicazione”.

Di Vittorio consegnò alla storia un un celebre discorso pronunciato in quella occasione. A suo dire

il lavoratore, anche sul luogo del lavoro, non diventa una cosa, una macchina acquistata o affittata dal padrone, e di cui questo possa disporre a proprio compiacimento. Anche sul luogo del lavoro, l’operaio conserva intatta la sua dignità umana“.

Lo Statuto si divarica in due categorie normative tra loro complementari: la prima finalizzata a consacrare i principi fondamentali del rapporto individuale che incide anche nel novero dei poteri datoriali; la seconda orientata invece al disciplinare l’attività sindacale. Com’è stato riconosciuto in dottrina, il legislatore del 1970 concretizza “un sistema di limiti che assoggetta la libertà dell’iniziativa economica e le sue forme di esercizio, al vincolo della compatibilità con i valori costituzionali della sicurezza, libertà, dignità umana”.

Sebbene molte delle norme contenute nello statuto abbiano determinato grandi cambiamenti nell’evoluzione del rapporto di lavoro subordinato, diversi profili della Legge n. 300/1970 sono stati oggetto di svariate riforme, tentate e compiute, e continuano a presentare ingenti difficoltà nell’adattamento applicativo rispetto a un contesto socio economico sempre in divenire.

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