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2 Novembre 1975 – Assassinato Pier Paolo Pasolini

By Redazione

November 02, 2020

Nella notte tra il 1º e il 2 novembre 1975 Pasolini fu ucciso in maniera brutale: percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Il cadavere massacrato venne ritrovato da una donna alle 6 e 30 circa; sarà l’amico Ninetto Davoli a riconoscerlo. Dell’omicidio fu incolpato Pino Pelosi di Guidonia, di diciassette anni, già noto alla polizia come ladro di auto e “ragazzo di vita”, fermato la notte stessa alla guida dell’auto del Pasolini. Pelosi affermò di essere stato avvicinato da Pasolini nelle vicinanze della Stazione Termini di Roma, presso il Bar Gambrinus di Piazza dei Cinquecento, e da questi invitato sulla sua vettura dietro la promessa di un compenso in denaro.

Dopo una cena offerta dallo scrittore, nella trattoria Biondo Tevere, i due si diressero alla periferia di Ostia. La tragedia, secondo la sentenza, scaturì a seguito di una lite per pretese sessuali di Pasolini alle quali Pelosi era riluttante, degenerata in un alterco fuori dalla vettura. Il giovane venne minacciato con un bastone del quale poi si impadronì per percuotere Pasolini fino a farlo stramazzare al suolo, gravemente ferito ma ancora vivo. Quindi Pelosi salì a bordo dell’auto dello scrittore e travolse più volte con le ruote il corpo, sfondandogli la cassa toracica e provocandone la morte. Gli abiti di Pelosi non mostrarono tracce di sangue. Pelosi venne condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e il 4 dicembre del 1976 con la sentenza della Corte d’Appello, pur confermando la condanna dell’unico imputato, riformava parzialmente la sentenza di primo grado escludendo ogni riferimento al concorso di altre persone nell’omicidio.

Due settimane dopo il delitto apparve un’inchiesta su L’Europeo con un articolo di Oriana Fallaci, che ipotizzava una premeditazione e il concorso di almeno altre due persone. Un giornalista di quel giornale ebbe alcuni colloqui con un ragazzo che, tra molte esitazioni e alcuni momenti di isteria, avrebbe dichiarato di aver fatto parte del gruppo che aveva massacrato il poeta; il giovane tuttavia, dopo un’iniziale collaborazione, avrebbe rifiutato di proseguire oltre o fornire altre informazioni, dileguandosi dopo aver lasciato intendere di rischiare la vita confessando la propria partecipazione e concludendo che non sarebbe stata intenzione del gruppo uccidere il poeta, ma che si sarebbe trattato di una rapina degenerata. Diversi abitanti delle numerose abitazioni abusive esistenti in via dell’Idroscalo confidarono in seguito alla stampa di aver sentito urla concitate e rumori – indizio della presenza di ben più di due persone sul posto – e invocazioni disperate di aiuto da parte del Pasolini la notte del delitto, ma senza che alcuno fosse intervenuto in suo soccorso.

Pelosi, dopo aver mantenuto invariata la sua assunzione di colpevolezza per trent’anni, fino al maggio 2005, a sorpresa, nel corso di un’intervista televisiva, ha affermato di non essere l’esecutore materiale del delitto di Pier Paolo Pasolini, e ha dichiarato che l’omicidio era stato commesso da altre tre persone, giunte su un’autovettura targata Catania, che a suo dire parlavano con accento “calabrese o siciliano” e, durante il massacro, avrebbero ripetutamente inveito contro il poeta gridandogli jarrusu (termine gergale siciliano, utilizzato in senso dispregiativo nei confronti degli omosessuali). E infatti, era giunta a suo tempo alle autorità una lettera anonima in cui si affermava che, la sera della morte di Pasolini, la sua auto era stata seguita da una Fiat 1300 targata Catania di cui erano indicate le prime quattro cifre, ma nessuno si preoccupò mai di effettuare una verifica presso il PRA. Pelosi ha poi fatto i nomi dei suoi presunti complici solo in un’intervista del 12 settembre 2008 pubblicata sul saggio d’inchiesta di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza “Profondo Nero”. Ha aggiunto inoltre di aver celato questa rivelazione per timore di mettere a rischio l’incolumità della propria famiglia ma di sentirsi adesso libero di parlare, dopo la morte dei genitori.

Molti intellettuali sostengono la verità giudiziaria, o comunque non credono a complotti. Si tratta di scrittori e amici di Pasolini che ritengono inattendibile, per molti motivi, la ritrattazione di Pelosi a distanza di trent’anni. In linea generale, sono gli stessi che rifiutano la lettura politica militante delle opere di Pasolini e l’immagine edulcorata del personaggio che porta a farne “un santo e un martire”. Essi privilegiano, invece, una chiave interpretativa dell’uomo e dell’opera legata alla sua particolare omosessualità, vissuta senza fermarsi di fronte a pratiche estreme e violente, anche con i minori.