Nel 1997 Luca Armani, commerciante di Treviglio, registrava il proprio cognome come dominio internet, “armani.it”, in modo da creare un sito per incrementare l’attività del proprio timbrificio.
La notizia non passò inosservata e l’anno dopo il celebre stilista Giorgio Armani, titolare del nome a dominio “giorgioarmani.it”, gli fece causa al fine di accertare l’esistenza del diritto esclusivo all’uso del nome a dominio “armani” in capo solo e soltanto alla società Giorgio Armani S.p.a.
Il 19 marzo 2003 il Tribunale di Bergamo si pronunciò.
Quello dei nomi a dominio era un terreno ancora piuttosto esplorato. Anzi, poco o nulla si sapeva e l’incertezza giurisprudenziale in materia era notevole.
La sentenza bergamasca, poi seguita in quegli anni da altre pronunce, ha voluto dare loro una collocazione certa e, anticipando un principio definitivamente sancito dal Codice della Proprietà Industriale del 2005, ha stabilito a chiare lettere che il nome a dominio non è un mero indirizzo elettronico.
Il domain name è un segno distintivo per le imprese e va trattato come tale.
Ritenendo quindi applicabile al caso di specie la disciplina del diritto dei marchi, il Tribunale lombardo ha dichiarato l’illiceità della registrazione e dell’uso del dominio “armani.it” da parte di Luca Armani, “ove non accompagnata da elementi idonei a differenziarla dal marchio “Armani”.
E tutto perché, scrive il giudice, l’uso su Internet di un nome a dominio che corrisponde a un marchio registrato altrui, come nel caso di specie, lede il diritto di esclusiva che la legge riconosce al titolare del marchio.
La vicenda non si concluse invece allo stesso modo oltreoceano dove, in forza del pragmatico principio del first come first served, la Giorgio Armani S.p.a risultò soccombente contro l’uomo d’affari americano A.R. Mani da ben prima titolare del dominio “www.armani.com”.