I Patti Lateranensi del 1929 sono accordi tra il Regno d’Italia e la Santa Sede sotto Papa Pio XI per sistemare la lunga Questione Romana. Il trattato ed i patti associati prendono il nome dal Palazzo Lateranense, dove furono firmati l’11 febbraio 1929, con rarifica del parlamento italiano li ratificò il 7 giugno 1929. Il trattato riconosceva la Città del Vaticano come uno stato indipendente sotto la sovranità della Santa Sede. Il governo italiano accettò anche di dare alla Chiesa cattolica romana un risarcimento finanziario per la perdita dello Stato Pontificio. Nel 1947, i Patti Lateranensi furono riconosciuto nella Costituzione italiana come regolamentazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica.
I Patti Lateranensi consistono in tre trattati: un trattato di conciliazione di 27 articoli, una convenzione finanziaria di tre articoli e un concordato di 45 articoli. Tuttavia, il sito web della Santa Sede presenta la convenzione finanziaria come allegato al trattato di conciliazione, considerando i patti come due documenti:
- un trattato politico che riconosce la piena sovranità della Santa Sede nello Stato della Città del Vaticano, che è stato così istituito, accompagnato da quattro allegati: una mappa del territorio dello Stato della Città del Vaticano; mappe di edifici con privilegio extraterritoriale ed esenzione da esproprio e tasse; mappe degli edifici con esenzione da esproprio e tasse (ma senza privilegio extraterritoriale); una convenzione finanziaria concordata come soluzione definitiva delle rivendicazioni della Santa Sede a seguito della perdita nel 1870 dei suoi territori e proprietà;
- un concordato che regola i rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano.
I negoziati per la soluzione della questione romana iniziarono nel 1926 tra il governo italiano e la Santa Sede, e culminarono nei Patti firmati – dicono i trattati – per il re Vittorio Emanuele III d’Italia dal Primo Ministro Benito Mussolini e per Papa Pio XI del Cardinale Segretario Pietro Gasparri. Il papa si impegnava alla perpetua neutralità nelle relazioni internazionali e all’astensione dalla mediazione in una controversia se non espressamente richiesto da tutte le parti. Nel primo articolo del trattato, l’Italia riaffermava il principio stabilito nello Statuto del Regno d’Italia del 4 marzo 1848, secondo cui “la Religione Cattolica, Apostolica e Romana è l’unica religione dello Stato”.
La convenzione finanziaria allegata fu accettata come liquidazione di tutte le pretese della Santa Sede nei confronti dell’Italia derivanti dalla perdita del potere temporale dello Stato Pontificio nel 1870. La somma così data alla Santa Sede era in realtà inferiore a quella che l’Italia dichiarava avrebbe pagato ai sensi della Legge delle Guarentigie del 1871, con la quale il governo italiano garantiva a Papa Pio IX e ai suoi successori l’uso, ma non la sovranità, sui Palazzi Vaticano e Lateranense e una rendita annua di Lire 3.250.000. La Santa Sede, sulla base della necessità di una chiara indipendenza da qualsiasi potere politico nell’esercizio della giurisdizione spirituale, aveva rifiutato di accettare la transazione offerta nel 1871, ed i papi da allora fino alla firma dei Patti Lateranensi si considerarono prigionieri in Vaticano.
Per commemorare la conclusione positiva dei negoziati, Mussolini commissionò Via della Conciliazione, che avrebbe collegato simbolicamente la Città del Vaticano al cuore di Roma.
Le leggi razziali del 1938 proibivano i matrimoni tra ebrei e non ebrei, compresi i cattolici. Il Vaticano considerò questa come una violazione del Concordato, che dava alla chiesa il diritto esclusivo di regolamentare i matrimoni che coinvolgevano i cattolici. L’articolo 34 del Concordato infatti specificava che i matrimoni celebrati dalla Chiesa cattolica sarebbero sempre stati considerati validi dalle autorità civili.