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1 marzo 1975 – Gianfranco Bertoli condannato all’ergastolo per la strage in Questura

Si concluse il primo marzo 1975 il primo grado del processo per la strage della Questura di Milano, attentato terroristico del 17 maggio 1973.

Si stava celebrando il primo anniversario della morte del commissario Luigi Calabresi, assassinato perché accusato di aver ucciso l’anarchico Giuseppe Pinelli che era stato fermato dalla polizia per la strage di Piazza Fontana, episodio crocevia della storia della Prima Repubblica.

Durante la commemorazione una bomba a mano scoppiò tra la folla ancora fitta, provocando quattro morti e  cinquantadue feriti.

L’attentatore fu immediatamente identificato. Si trattava di Gianfranco Bertoli, sedicente anarchico individualista, seguace delle teorie di Max Stirner, che si proclamò assolutamente indifferente all’arresto e a qualsiasi punizione che istituzioni che lui non riconosceva gli avessero voluto infliggere.

La Corte d’Assise di Milano lo condannò all’ergastolo (condanna confermata anche nei successivi gradi di giudizio).

Seguì poi un secondo processo, frutto di nuove indagini che portarono a galla l’esistenza una organizzazione ben più ampia del previsto. Il numero dei complici aumentava e con questo le condanne. Condanne a dire il vero poi parzialmente rovesciate in Appello e Cassazione, in assenza di prove decisive.

Secondo alcuni, il reale obiettivo dell’attentatore era il ministro Mariano Rumor, cui frange di estrema destra contestavano di non avere mantenuto l’impegno assunto di dichiarare lo stato d’assedio a seguito della strage di Piazza Fontana. Lo stesso Bertoli fu dipinto come una pedina nelle mani della vera mente della strage, identificata nel gruppo di estrema destra Ordine Nuovo.

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